E’ uno dei dodici apostoli di Gesù.
I Vangeli canonici in cinque passi documentano i tre anni in cui san Tommaso fu discepolo di Gesù. Gli Atti degli Apostoli parlano del periodo che intercorre tra la Pentecoste e l’inizio della Evangelizzazione degli Apostoli nel mondo.
Dagli scritti apocrifi si possono ricavare indicazioni utili sull’ultimo segmento della vita di Tommaso. Ci riferiamo agli Atti riconducibili al III secolo e al Vangelo di Tommaso del II secolo.
L’apostolo Tommaso partì dalla Palestina, attraversò la via di Damasco, ove si fermò per dirigersi in Siria e Mesopotamia, fino a raggiungere l’India settentrionale, che corrisponde all’odierno Pakistan.
A Damasco, collegata alla Palestina da una importa soggiornò per alcun tempo ed evangelizzò le persone del luogo. Ancora oggi a Damasco, è visibile la porta più antica della città intitolata a San Tommaso, presso cui, intorno al IV VII secolo, fu costruita una chiesa dedicata appunto all’Apostolo.
Non molto lontano il monastero di Deir Mar Touma, risalente al V secolo e successivamente andato distrutto, è oggetto di studi da parte di impegnati e noti ricercatori. Il sito ancora oggi è un luogo di devozione verso l’Apostolo.
Secondo Origene e la tradizione, Tommaso evangelizzò, intorno al 42- 49, i Parti, i Medi, i Persiani e gli Ircani, popoli confinanti e in relazione con l’India. Oggi i cristiani di san Tommaso dell’India si ritengono evangelizzati da san Tommaso.
Gli Acta Tomae, scritti originariamente in siriaco ad Edessa probabilmente alla scuola di Bardesane, gnostico del terzo secolo, sono giunti fino a noi con diverse interpolazioni e rifacimenti latini, quali il De Miraculis B. Thomae apostoli di san Gregorio di Tours e la Passio sancti Thomae.
Gli Atti di Tommaso, pubblicati dalla collana biblica della casa editrice Marietti nel 1965, sono divisi in tredici capitoli e si chiudono con l’ultimo che parla del martirio di san Tommaso. Diamo una rapida sintesi.
Nel primo Atto l’apostolo riceve per sorteggio l’evangelizzazione dell’India. Tommaso si rifiuta, perciò gli appare il Cristo che lo incoraggia. In India, l’apostolo incontra il mercante Habban, inviato dal re Gundaphor alla ricerca di un architetto, e continua la sua strada con lui.
Tommaso e il mercante giungono ad Andrapoli e assistono alle nozze della figlia del re del luogo. Alla fine del pranzo l’apostolo intona un inno in ebraico nel quale invita gli sposi a vivere in castità. Gli sposi accettano, il re è furente e cerca i due presunti colpevoli, ma essi sono già saliti su una imbarcazione.
Alla corte di Gundaphor (Atto II) Tommaso riceve l’incarico di costruire il palazzo, come presunto architetto. Esegue il lavoro, riceve il relativo compenso e poi lo distribuisce integralmente ai poveri. Il re si indigna e ordina di gettare in prigione Tommaso e il mercante per farli morire bruciati vivi.
Durante la notte, muore il fratello del re, ma gli angeli lo riportano in vita e fanno capire al re che Tommaso ha costruito un palazzo celeste, non solo uno di mattoni. Gundaphor e il fratello si convertono, vengono battezzati e comunicati. Da quel momento le conversioni diventano sempre più numerose.
Negli altri capitoli seguono i racconti dei miracoli e i tentativi di persecuzione operati dal re Mazdai verso l’apostolo.
Nell’ottavo e ultimo capitolo, Tommaso, trasportato su un alto monte, finisce ucciso a colpi di lancia dai bramini e il suo corpo, dopo molti anni, trasportato ad Edessa.
Gli antichi martirologi siriaci hanno identificato la data del martirio nel 3 luglio del 68. I cristiani del Coromandel ritengono l’anno 72 la data del martirio.
Ignazio Ortiz de Urbina il 29 dicembre 1953 nell’ateneo urbaniano de Propaganda Fide sostenne che nella Chiesa primitiva si seppe che San Tommaso era scomparso oltre l’Eufrate e il Tigri alla volta della Partia e che posteriormente arrivò un’eco sia pure generica della sua attività apostolica nell’India.
Secondo la tradizione orientale e alcune fonti di quella occidentale, intorno al 50, Tommaso tornò a Gerusalemme, dove si tenne il primo il primo concilio, anche se il suo nome non risulta menzionato negli Atti (canonici) degli Apostoli.
Successivamente Tommaso riprese il secondo viaggio missionario nel quale trovò il martirio.
Il giorno 3 luglio, quindi, si commemora San Tommaso Didimo.
Quest’ultimo è considerato santo da diverse chiese ortodosse orientali, avendo spinto la sua predicazione fino in India e in Persia, dove fondò le prime comunità cristiane.
Nei Vangeli viene citato in alcune occasioni, la prima delle quali subito dopo la morte di Lazzaro, quando Gesù decide di tornare in Giudea nonostante i rischi di essere lapidato.
La citazione più famosa di San Tommaso è nel Vangelo di Giovanni, subito dopo la Resurrezione di Gesù. Il santo non è disposto a credere che Cristo sia veramente risorto, così Gesù stesso lo invita a toccare le sue ferite mortali per verificarne l’autenticità. Solo dopo aver toccato con mano San Tommaso si abbandona alla fede, ringraziando Gesù e annunciando la Resurrezione. “Signore mio, Dio mio.”
Il nome di San Tommaso Apostolo, proprio per questo episodio, è diventato sinonimo di incredulità e mancanza di fiducia in ciò che non si sperimenta in prima persona. In realtà è stato il primo a riconoscere Gesù come figlio e padre insieme!
Dopo la Resurrezione, quando gli Apostoli si separano per evangelizzare il mondo, San Tommaso parte per la Siria per poi stabilirsi a Babilonia. Secondo la tradizione rimase in città per 7 anni, per poi partire di nuovo verso Oriente.
Dopo essere stato in India raggiunge la Cina per portarvi il Vangelo. Quando fa ritorno viene però martirizzato per ordine di un sovrano locale nel 72 D.C..
A San Tommaso furono attribuiti una raccolta di detti di Gesù, un Vangelo sull’infanzia di Gesù, un’Apocalisse e il testo di una rivelazione che Gesù fece privatamente all’Apostolo. In realtà tutti questi scritti si sono rivelati apocrifi.
Le spoglie di del santo furono conservate in India fino al III secolo. In occasione della prima persecuzione anticristiana i fedeli le trasportarono poi a Edessa e in seguito su un’isola della Grecia, dove rimasero fino al 1200. Un navigatore al soldo di Venezia, Leone Acciaiuoli, le prelevò nel 1252 per trasportarle in Abruzzo, ad Ortona, dove si trovano tutt’oggi.
Il santo è compatrono della città di Parma e ha il suo centro di culto principale ad Ortona, in Provincia di Chieti, presso la Basilica dove sono conservate le sue spoglie.
San Tommaso Apostolo è patrono di numerose parrocchie italiane, fra cui;
– Certaldo, in Provincia di Firenze;
– Carlino, in Provincia di Udine;
– Saltino, in Emilia Romagna.
Ogni anno la festa di San Tommaso ad Ortona viene festeggiata con una cerimonia sia religiosa che civile. La teca contenente le spoglie del santo viene aperta con diverse chiavi d’argento, alcune conservate dalla chiesa ed altre gelosamente conservate in Municipio della città.
Queste ultime si recano, portando la chiave, fino alla Basilica in un corteo in costume che attraversa le vie della città.
La città di Ortona è antichissima, visto che vi sono prove che la zona fosse abitata fin dall’Età del Bronzo. La città fu poi abitata dalle popolazioni italiche, quindi dai latini, anche se la maggior parte dei ritrovamenti archeologici e buona parte del patrimonio culturale della città andarono distrutti durante la Seconda Guerra Mondiale, quando Ortona fu al centro di scontri molto intensi e fu bombardata quasi ininterrottamente per 6 mesi.
San Tommaso Apostolo è festeggiato nel calendario il 3 luglio ma fino a qualche anno fa era festeggiato il 21 Dicembre.
MADRAS – CHENNAI (INDIA) – 72/230 d.C. (158 anni)
San Tommaso Apostolo, dopo la morte del suo maestro Gesu’ iniziò la sua evangelizzazione come apostolo di Cristo.
Dopo aver fondato comunità cristiane in Siria e in Babilonia, si spinse via mare nell’India sud occidentale, attuale Kerala nell’anno 52 d.c.
Continuò la sua evangelizzazione anche nella parte orientale indiana fino al 72 d.c. dove trovò la morte da martire su di una collina nei pressi di Chennai, nel Tamil Nadu.
Negli Atti di Tommaso, testo gnostico del VI° secolo d.c., si legge che l’Apostolo fu ucciso trafitto da una lancia per ordine del Re Misdaeus (Vasudeva I), della quale si conserva ancora la punta di ferro nella Diocesi indiana.
Un piccolo pezzo della punta di questa lancia, ci fu donato e si conserva nel famoso braccio d’argento del 1683.
Le sue ossa furono conservate a Mylapore nella Santhome Church fino al 230 d.c.
EDESSA – SALIURFA (TURCHIA) – 230/1144 d.C. (914 anni)
Le ossa di San Tommaso Apostolo a tutela della loro integrità arrivano a Edessa, centro irradiatore del cristianesimo siriaco in oriente cui era legata la predicazione dell’Apostolo di Cristo, grazie ad un facoltoso mercante viaggiatore sulla vie delle Indie.
Vennero custodite qui per quasi mille anni.
Sant’Efrem ne parla e compose parecchi inni; viene anche ricordato dalla Pellegrina Egeria.
Isola di CHIOS (GRECIA) – 1144/1258 d.C. (114 anni)
La larga diffusione della religione mussulmana nel territorio siriano metteva in pericolo ogni simbolo del cristianesimo.
Così i devoti di San Tommaso organizzarono la traslazione delle ossa fuori dalla penisola anatolica nella vicina isola di Chios, a poche miglia dalla costa turca.
Le Sacre reliquie vennero sull’isola greca per 114 anni, fino a quando tre galee ortonesi a capo dell’Ammiraglio Pio Leone raggiunsero l’isola nel 1258 a combattere per conto di Re Manfredi, principe di Taranto e futuro Re di Puglia e di Sicilia, insieme a molte città adriatiche ed affianco della stessa Venezia, nemica dichiarata di Genova.
Nel saccheggio come bottino di guerra presero anche delle Sacre Reliquie ed una pesante pietra tombale di onice sulla quale era inciso la sua epigrafe in greco.
ORTONA (ITALIA)– dal 1258 d.C. ad oggi 2024 (766 anni)
Nel mezzo dell’estate del 1258, tre galee di Ortona raggiunsero la fiorente isola di Chios, in Grecia, nell’arcipelago delle Sporadi vicino alla costa turca.
L’impero bizantino era in crisi, il regno di Nicea sostenuto dai greci tentava di strappare il primato a Manfredi, figlio di Federico II e ultimo sovrano della dinastia Sveva, principe di Taranto e futuro re di Puglia e Sicilia, gli accordi legati al despota dell’Epiro, re di Gerusalemme e suo nipote, avevano favorito l’intesa con tutte le città portuali del Mar Adriatico, compresa Ortona, ma anche con la stessa Genova, dichiarata nemica di Venezia. Manfredi aspirava non solo a conquistare l’Itali settentrionale, come fece, ma anche a diventare imperatore d’Oriente.
A questo scopo preparò una flotta di cento galee di soldati, e diede il comando al suo grande ammiraglio Filippo Chinardo. Le navi raggiunsero la Grecia a Nauplia di Romania e poi si divise. Una parte combatté intorno al Peloponneso e alle isole dell’Egeo, l’altra nel mare che all’epoca lambiva la costa turca-siriana. Le tre galee ortonesi si mossero sul secondo fronte della guerra e raggiunsero l’isola di Chios.
Il Saccheggio e il prezioso bottino di guerra
Il racconto che segue è fornito da Giambattista De Lectis, medico e scrittore ortonese del secolo XVI°.
Dopo il saccheggio, il comandante di Ortona, Leone si recò a pregare nella chiesa principale dell’isola di Chios e fu attratto da un oratorio adorno di forti luci. Un anziano sacerdote, tramite un interprete, lo informò che in quell’oratorio si venerava il corpo di San Tommaso Apostolo.
Leone, pervaso da un’insolita dolcezza, si raccoglie in una profonda preghiera. In quel momento una mano leggera lo invitò per due volte ad avvicinarsi. Il comandante Leone stese la mano e prese un osso dal buco più grande della lapide, sul quale erano incise lettere greche e un ritratto a mezzo busto con aureola del Vescovo.
Confermò quanto aveva detto il vecchio sacerdote e si trovò effettivamente al cospetto del corpo dell’Apostolo. Tornò in cambusa e pianificò la rapina per la notte successiva, insieme al compagno Ruggiero Grogno. I due così fecero. Sollevarono la pesante pietra e osservarono i resti sottostanti. Lo avvolsero in un panno bianco, il resto in una cassa di legno (deposito ad Ortona fino al saccheggio del 1566) e lo imbarcarono sulla galea. Leone, poi, insieme ad altri compagni, ritornò nuovamente in chiesa, prese la lapide e la portò via.
Proprio l’ammiraglio Chinardo venne a conoscenza del prezioso carico spostò tutti i marinai su altre navi di fede mussulmana e ordinò di prendere la rotta per Ortona. La galea che consegnò le ossa dell’Apostolo salpò più sicura e veloce dell’altra e approdò al porto di Ortona il 6 settembre 1258.
Secondo il racconto del De Lectis, ne fu informato l’abate Jacopo, responsabiledella chiesa di Ortona, che organizzò una buona accoglienza condivisa da molte persone.
Da allora il corpo e la lapide sono custoditi nella cripta della Cattedrale.
Nel 1259, un anno più tardi, un cartiglio vergato, firmato dal giudice barese Giovanni Pavone alla presenza di cinque testimoni tutti riportati nell’atto originale, conservato presso la biblioteca diocesana di Ortona, testimonia la veridicità di quell’avvenimento, come riportate dalle parole del medico scrittore Giambattista De Lectis del 1500 secolo.
Quindi da quel lontano 6 settembre 1258 il bottino del navarca Pio Leone e delle sue tre galee cambiò la storia di Ortona, legandola indistintamente con l’Apostolo di Cristo.
Le sue reliquie si conservano come già detto da quasi 8 secoli (766 anni) nella cattedrale a lui dedicata.
Dall’arrivo in Ortona di quelle Ossa Sacre, la storia del popolo ortonese si identifica con la vita che ruota intorno alla Tomba di San Tommaso.
La notizia della presenza del corpo dell’Apostolo si diffuse rapidamente, i pellegrini da quel momento affluirono numerosi giorno dopo giorno, anno dopo anno e i pontefici iniziarono a gratificare le flotte dei fedeli pellegrini con la concessione delle indulgenze.
Dal 1258, la data dell’arrivo in città delle Reliquie di San Tommaso Apostolo, la storia del popolo ortonese si identifica con la vita che ruota intorno alla sua tomba. La notizia della presenza del corpo di san Tommaso in Ortona si diffonde rapidamente. La chiesa locale si fa promotrice di varie iniziative. I pontefici gratificano i fedeli con la concessione delle indulgenze, che è la remissione davanti a Dio della pena temporale dovuta per i peccati già perdonati attraverso la confessione. Trova la sua giustificazione nella comunione dei santi , nel tesoro dei meriti di Cristo e di tutti i giusti. La Chiesa attinge a tale tesoro a beneficio spirituale dei fedeli vivi e a suffragio per i defunti e concede l’indulgenza. Questa è plenaria se riguarda l’intera pena temporale, perpetua se non prevede limitazione di tempo. E’ infine destinata ai battezzati, in grazia di Dio.
Innocenzo VI (1359-1362), per primo, concesse l’indulgenza plenaria ai fedeli, che avrebbero visitato la tomba dell’apostolo in Ortona e pregato su di essa il giorno 6 settembre di ogni anno. Bonifacio IX nel 1399 la confermò, rendendola analoga a quella concessa da Celestino V alla Chiesa aquilana.
Il 5 luglio 1479, il papa Sisto IV con la bolla Pastoris aeterni, scritta su pergamena e conservata nelle biblioteca diocesana di Ortona, non solo rinnovò l’indulgenza, che peraltro era già stata concessa in perpetuo, ma autorizzò il trasferimento del giorno per lucrarla, dal 6 settembre, anniversario della traslazione delle reliquie dell’apostolo, alla prima domenica di maggio. In tal modo veniva incontro al desiderio degli ortonesi, secondo i quali, i forestieri a maggio avrebbero più facilmente potuto raggiungere la città, pregare sulla tomba dell’apostolo e ricevere l’indulgenza. Secondo alcuni storiografi locali la richiesta degli ortonesi sarebbe stata motivata dalla volontà di abbinare la festa del Perdono con le fiere di maggio.
Gregorio XIII, il 13 settembre 1575, cinque anni dopo la restituzione del vescovado ad Ortona, con un breve , confermò l’indulgenza concessa da Sisto IV per la prima domenica di maggio.
Clemente VIII , nel breve del 4 marzo 1596, inverte la rotta. Sottolinea il valore dell’indulgenza come preparazione all’anno santo del 1600 e fissa due giorni, a livello locale, per lucrarla: il 21 dicembre, festa liturgica dell’apostolo Tommaso, il 15 agosto festa dell’Assunzione della Beata Vergine Maria al cielo.
Il 12 maggio 1600 la diocesi di Ortona, delimitata fin dal 1570 entro i confini di Tollo, Crecchio e Canosa, viene unita a Campli, alla cui sorte resterà legata fino al 1804. Da allora l’afflusso di forestieri, provenienti soprattutto dal Teramano, si fa sempre più consistente.
Nel Settecento il vescovo di Ortona, monsignor Marcantonio Amalfitani si rivolge al papa Benedetto XIV per chiedere la proroga della concessione dell’indulgenza al lunedì e martedì successivi alla prima domenica di maggio. Benedetto XIV, con il breve del 14 aprile 1742, accoglie la proposta e conferma, in perpetuo, il privilegio dell’indulgenza plenaria preesistente. Pertanto i giorni stabiliti dal breve per lucrare l’indulgenza sono: 21 dicembre festa liturgica; prima domenica di maggio più il lunedì e martedì successivi.
L’ultima bolla pontificia, del 2 settembre 1949, è emessa da Pio XII. Con essa il pontefice concede una triplice indulgenza plenaria, da acquisire una sola volta l’anno per sé stessi e come suffragio per i defunti: la prima domenica di maggio più i due giorni seguenti, il 6 settembre e il 21 dicembre.
Il pontefice Giovanni Paolo II, in una stupenda lettera inviata al nostro arcivescovo, monsignor Carlo Ghidelli, e distribuita a tutti i cristiani della diocesi di Lanciano- Ortona, ci invitava a seguire il nostro santo patrono san Tommaso nel cammino della ricerca della verità, costellato anche di momenti bui, cioè di opportunità di sofferenze, che più facilmente ci purificano e ci convertono.
Il 1258 , dunque, non segna soltanto uno storico avvenimento religioso, ma anche l’apertura di tutta la comunità cittadina al mondo circostante, dopo la fine ufficiale del Feudalesimo. In Ortona mancò infatti la grande feudalità, che attraverso i baroni, nel Sud, sprigionò una grande forza di contrasto contro il potere centrale di Napoli.
Attualmente la festa del 21 dicembre è stata trasferita per esigenze liturgiche al tre luglio, ma ugualmente san Tommaso viene festeggiato tre volte l’anno. Il Perdono di maggio e il 6 settembre, il popolo ortonese ritrova la sua storia e la sua identità, prima agricola e marinara, oggi anche industriale e aperta al mondo globalizzato.